giovedì 6 agosto 2009

L'apocalisse


Akihiro Takahashi (Hibakusha, sopravvissuto alla bomba atomica; Ex-direttore del Peace Memorial Museum di Hiroshima)

Mi chiamo Akihiro Tahakashi.
Il 6 Agosto 1945, alle 8 e 15, la prima bomba atomica esplose su Hiroshima. Avevo 14 anni ed ero uno studente del secondo anno della scuola superiore. Mi trovavo nel campo da gioco della scuola a circa 1,4 chilometri dall'ipocentro, il punto dell'esplosione della bomba.
L'effetto complessivo provocato dal calore, dall'esplosione e dalle radiazioni della bomba atomica sono qualcosa che va oltre ogni immaginazione. Quasi tutta la citta' fu bruciata e rasa al suolo e la maggior parte della popolazione che ci viveva fu uccisa.

Il 6 agosto, giusto poco prima dell'esplosione atomica, c'era stato un allarme aereo, rientrato subito dopo. Sentendoci al sicuro, eravamo andati all'aperto sul campo da gioco in attesa dell'inizio delle lezioni. C'erano circa 150 studenti sul campo, dei quali circa 60 erano miei compagni di classe. Vedemmo in quel momento un bombardiere B29 statunitense che si avvicinava, nonostante l'allarme fosse rientrato. Non avremmo mai immaginato che questo aereo stesse trasportando una bomba atomica.
In Hiroshima, il cielo era perfettamente azzurro quel mattino. Sentendoci tranquilli, osservammo il B29 mentre volava sopra le nostre teste lasciando una bella scia bianca. A un certo punto il nostro insegnante corse fuori dalla stanza dei docenti gridando “Attenzione!”. Fu in quel momento che avvenne la tragedia.
Sentii un incredibile rumore e un'oscurita' totale copri' i miei occhi. Impossibilitato a vedere alcunche', non avevo idea di cosa fosse successo. Alcuni dicono che ci fu un lampo, ma non lo ricordo. Ho sentito dire che ci fu una intensa luce blu in tutte le direzioni, seguita da una potente esplosione.
Fummo scaraventati via senza poter opporre alcuna resistenza.
Dopo un po' ripresi conoscenza, mentre il fumo che aveva coperto tutto comincio' a diradarsi e un po' di luce riapparve. Ero stato scaraventato a circa 10 metri rispetto a dove mi trovavo prima dell'esplosione ed ero caduto sul selciato. Era stata l'onda d'urto a gettarmi cosi' lontano.
Mi resi conto che anche gli altri 150 studenti erano stati scagliati in tutte le direzioni e giacevano a terra intorno al campo da gioco. La scuola, costruita in legno, era rasa al suolo. Ogni casa e ogni palazzo che circondava la scuola era crollato a causa dell'esplosione.
Guardai in lontananza e non vidi nessuna casa, tutto era crollato a parte alcuni palazzi in cemento. “Oh no, Hiroshima e' sparita”, pensai. Poi mi resi conto delle condizioni del mio corpo. La mia divisa scolastica era tutta bruciacchiata e lacerata. Al momento dell'esplosione della bomba atomica nel cielo, la mia uniforme aveva preso fuoco, bruciando fino a ridursi in brandelli. La pelle si era staccato dalla mia testa e lungo la mia schiena, fino alle braccia, alle mani e alla gambe. Potevo vedere la mia carne viva, rossa, esposta, con solo alcuni brandelli di pelle rimasti, bruciati dai raggi di calore. Rendendomi conto che le mie condizioni erano simili a quelle di moltri altri studenti intorno a me, fui colto dal panico.
“Scappa al fiume in caso di bombardamento aereo”. Mi ricordai quello che mi era stato insegnato durante le prove di evacuazione. Lasciai allora il campo da gioco in direzione del fiume.
Sulla strada sentii qualcuno chiamare il mio nome da dietro “Hey, Takahashi, Takahashi, aspettami, aspettami”. Mi girai e vidi un mio amico, Tatsuya Yamamoto. Mi stava chiamando. Eravamo compagni di classe, andavamo a scuola insieme tutti i giorni.
Stava piangendo, “Mamma, aiuto, aiuto”. Piangeva senza sosta. Gli dissi, “Smetti di piangere, e' inutile. Muoviti invece o potremmo trovarci nei guai. Dobbiamo andarcene da qui, subito”. Un po' lo scuotei e un po' lo incoraggiai.
Durante la guerra portavamo un cappellino che chiamavamo “berretta da combattimento.” La' dove copriva le nostre teste ci era rimasto ancora qualche capello, ma il resto era stato tutto bruciato dal calore. Il cappellino, naturalmente, era volato via.
Un gran numero di sopravvissuti stava scappando in tutte le direzioni. Tenevano le braccia dritte davanti a loro, mentre la pelle bruciata penzolava dalle loro dita. I loro vesti erano tutti stracciati. Alcuni erano praticamente nudi, con la pelle assente e la carne viva a vista.
Tutti scappavano, trascinandosi a piedi nudi, ciondolando. Sembrava una processione di fantasmi.
[Dalla Terza conferenza internazionale per la messa al bando dell’Uranio Impoverito
Hiroshima – 6 Agosto 2006 - Tradotto da Francesco Iannuzzelli per www.peacelink.it ]

Datemi indietro mio padre, datemi indietro mia madre
datemi indietro i miei vecchi
datemi indietro i miei figli
ridatemi indietro me stesso
ridatemi tutta l'umanità a me unita
finchè dura questo mondo dell'uomo
datemi indietro la pace
la pace che non ha fine

Toge Sankichi, 1921-1956

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