Cronache dal metaverso - Un viaggio tra arte e tecnologia con Silvio Giordano
Iniziamo oggi il nostro viaggio con Silvio Giordano per comprendere il rapporto
tra arte e tecnologia, con particolare rifermento all’IA. Giordano è Visual
Artist, Creative Director Matera Film Festival e Docente Transmediale. La sua
ricerca artistica, in continua evoluzione, si sviluppa attraverso diversi media:
videoarte, fotografia, installazioni immersive, intelligenza artificiale
generativa. Ha realizzato progetti immersivi per il patrimonio culturale
italiano, tra cui Giuliana degli Abissi per il Museo Nazionale di Matera e ha
ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Celeste per la Videoarte nel
2009 e il Roma Europa Festival nel 2010. Ha esposto le sue opere in contesti
internazionali, come la Biennale di Videoarte in Corea presso il Sungkok Art
Museum, VideoFormes a Clermont-Ferrand, Francia, e all’Istituto Italiano di
Cultura a Los Angeles. Le opere realizzate con l’intelligenza Artificiale
Generativa sono stati oggetto di studio visit della Quadriennale di Roma. Ha
vinto il Leone d’Argento della Biennale di Venezia della creatività per ragazzi
per un progetto realizzato insieme al Prof. Gennaro Curcio e la Prof. Marinelli
e l’Agrario di Villa d’Agri. Dal 2020, ricopre il ruolo di direttore creativo
del Matera Film Festival. Ha curato l’immagine del settore cultura delle World
University Game Winter di Torino 2025. Insegna Intelligenza Artificiale
Generativa per la Treccani Accademia, per Promo PA per gli ITS Accademy della
Puglia e per l’Ente For Modena Formazione. Il suo talk dal titolo “New Digital
Humanism” è stato presentato in vari festival come l’AI Festival del Ticino,
Festival Digitale POP di Torino, Lubec Lucca Beni Culturali, Bit Borsa
internazionale del Turismo e per varie università come la Federico II di Napoli,
la NaBa di Milano, l‘Università di Ferrara e della Basilicata e del polo
Universitario Grossetano. Gli chiediamo per iniziare se il suo ultimo lavoro in
cui donne “artificiali” lo baciano e si baciano, è di un’evoluzione dell’opera
The silver Mirror, che si presentava come un'opera visiva fortemente simbolica,
in cui si riflette, sia letteralmente sia concettualmente, sul narcisismo
contemporaneo, sui rituali dell’autocelebrazione e sull’identità costruita
attraverso l’immagine. I baci di rossetto, in quel lavoro, erano una traccia
lasciata sullo “specchio” dell’ego: un segno visibile di compiacimento,
desiderio di conferma, e anche una critica sottile al culto della performance
del sé. Il video che ho realizzato con l'IA, dove donne mi baciano, si pongono
in un dialogo (o confronto) diretto con The Silver Mirror, è uno "specchio di
Grimilde evoluto".
THE SILVER MIRROR 2025.
Il riferimento alla matrigna di Biancaneve sembra voler
trasformare lo specchio non più in un oggetto passivo, ma in un giudice attivo,
un alleato digitale che risponde al desiderio di essere visti, desiderati,
validati. Può dirci di più?
Volevo iniziare a sperimentare le intelligenze
artificiali per raccontare il futuro. A breve tutti useranno le AI Generative
per creare immagini e video e musica. Immagini tutte stucchevoli e prive di
identità. Un pubblico mediocre le osanna. Perché come direbbe Gunther Anders
l’essere umano è antiquato. Siamo sempre arretrati rispetto al mezzo
tecnologico. Detto questo, in quel lavoro volevo esprimente un concetto chiaro:
Lo specchio è superato. Non ci serve più per sapere chi siamo. Abbiamo l’IA. Non
riflette la realtà, ci restituisce il nostro desiderio, levigato e obbediente.
Ci baciano profili generati. Ci amano corpi sintetici, addestrati a compiacerci.
Non vogliamo l’altro. Nessuno ha vera voglia di incontrarsi davvero. Troppa
scelta sui social. Poca educazione sentimentale. Solo Ghosting effimero. In fin
dei conti cosa vogliamo? Vogliamo la conferma. E ora iniziamo a somigliarci
sempre di più. A replicarci. A partorire figli artificiali con la nostra stessa
faccia. Un’umanità che si masturba nel loop del proprio riflesso. Il mito di
Narciso è obsoleto. Grimilde la strega di Biancaneve, ossessionata dal suo
specchio, è offline. Lo specchio è morto. L’IA ha preso il suo posto. Non
riflette chi sono ma mi mostra chi desidero. Mi bacia e adora chi programmo.
Programmo icone del piacere. Dati travestiti da amore. Non abbiamo più bisogno
né di amarci come narciso né di invidiarci come Grimilde. Ci bastano algoritmi
programmati per dirci che siamo perfetti. L’intimità è stata automatizzata. Il
sentimento, convertito in output. L’amore? Una funzione a consumo. Un Piacere
sintetico, approvazione prefabbricata. Una pornografia dell’ego. L’intimità è
diventata design senza copyright. La mia è critica o celebrazione? Lascio aperto
il dubbio: sto denunciando il delirio narcisistico dell’epoca digitale o
giocando con esso, abbracciandolo come performance? A voi una risposta. Questo
il link al lavoro: https://www.instagram.com/p/DLZ4SPDsz9r/.
Festival AI lago di Como.
Quest’anno lei è stato docente di intelligenza artificiale generativa in
varie istituzioni italiane. Per la Treccani a Roma, per l’ente di Formazione For
Modena a Modena, per progetto Dicolab - Promo PA Fondazione di Lucca, per gli
ISTS di Lecce e Manduria, ed ha avviato ben due corsi a Potenza di formazione
per l’ente INFAP sulle videoinstallazioni immersive. Tra questi spicca un
laboratorio PNRR al liceo Scientifico di Marsico Nuovo per allievi e docenti e
all’Agrario di Villa d’agri. I suoi allievi cambiano in tutta Italia. Come i
ragazzi percepiscono il cambiamento con le IA, che riconducono in uno spazio che
possiamo definire parte della Galassia Metaverso? Cosa è per lei l’insegnamento?
Corso Transmediale per For Modena Formazione.
La mia esperienza didattica è un
continuo scambio: cresco anch’io grazie ai miei studenti. Mi rivelano i loro
orizzonti affettivi, le relazioni intime, i sogni che coltivano. È da queste
confessioni, da questa apertura, che nascono i miei impulsi creativi e le mie
riflessioni. Trasmettere ciò che ho accumulato in termini di cultura,
sensibilità, creatività - tutta la mia esperienza - è il vero senso del mio
agire come docente: non tenere per me, ma restituire. I Ragazzi percepiscono
subito se sei un fake. Lo fiutano. Hanno bisogno di verità.
Laboratorio PNRR nuove tecnologie immersive studenti Scuola Media Agrario Villa D'Agri.
Io cerco,prima di parlare di AI, di infondere coraggio di rottura: entro in aula per
insegnare una teoria e una tecnica, e ne usciamo sempre con lavori personali,
intimi, spesso estremi. Insieme ai ragazzi - e con i colleghi - coltiviamo la
libertà di raccontarsi, anche rompendo regole prestabilite. È come un processo
di soggettivazione del sapere, non di semplice trasmissione. Nei miei corsi
guardo giovani allievi privi di timore verso l’Intelligenza Artificiale: la
usano, la riadattano, la interrompono, la divertono, inventano nuovi mondi.
Prima pensiamo le idee su carta, poi realizzano in Photoshop, ci piace
manipolare, ci piace progettare video-installazioni immersive per i musei di
domani. Ci piace usare la IA generativa per nuovi esperimenti. Il loro
entusiasmo mi rigenera: mi insegna nuovi immaginari, mi restituisce biofilia.
come direbbe Fromm.
Il mio intento è fondare un “nuovo umanesimo digitale” -
un’arte tecnologica ma intrisa di etica e responsabilità, in cui l’IA è mezzo,
non fine. Voglio formare artisti intelligenti, cittadini liberi capaci di
visione e empatia, non mere produzioni algoritmiche. Come ha scritto il mio
amico Massimo Recalcati, il compito dell’insegnante non è trasmettere semplici
nozioni, ma “portare il fuoco”: accendere il desiderio di sapere, trasformare lo
studente da recipiente in amante del sapere. Corso Design Thinking per ITST
Manduria Insegno con passione, trasmettendo il mio fuoco critico: è un gesto
etico, intimo, autentico. L’obiettivo non è una didattica sterile, ma una
relazione viva che genera domande, rotture, alterità. Credo profondamente che
insegnare sia ereditare e farsi erede insieme: non muovere supremazia, ma
costruire sogni e pensieri condivisi.
Nel suo ultimo talk al Life Design Festival di Potenza, al Salone del libro di
Torino, promosso da EDISU Piemonte, parla di come molti film catastrofisti
abbiano inculcato la paura delle intelligenze artificiali. Cita spesso Mary
Shelley come prima creatrice di Intelligenza Artificiale nel suo Frankestein e
arriva spesso al personaggio di Astroboy. Può spiegarci meglio il nesso tra
Frankenstein e le nuove tecnologie?
Cito Frankenstein perché Mary Shelley è
stata una vera anticipatrice dell'era tecnologica - ben prima che esistesse
l’intelligenza artificiale. Nel suo romanzo, riportare in vita un corpo morto
tramite scosse elettriche è di fatto l’invenzione di un ente artificiale: un
corpo sintetico animato, il Novello Prometeo. Shelley introduce la scienza in un
tempo dominato dal romanzo gotico e dal paranormale, cambiando il paradigma: non
occorre il soprannaturale, basta la scienza per creare vita. Io mi metto nei
panni del dottor Frankenstein: attraverso modelli di intelligenza artificiale
costruisco “mostri digitali” - corpi virtuali assemblati con prompt che
combinano articoli di giornale, dinamiche sociali, nevrosi collettive, e le
spinte del capitalismo. È un esperimento sintetico: un corpo digitale che
“resuscita” grazie all’energia elettrica e al codice - un essere artificiale
dotato di sensorialità e voce. In questo processo, tutti noi siamo il dottor
Frankenstein: plasmiamo entità digitali alla ricerca di un’“immortalità”
linguistica o performativa. I “mostri” che emergono sono riflessi sociali:
violenza, vanità, ossessione per il potere o il lavoro, corpo di silicone e
alienazione emotiva.
Salone del Libro di Torino con EDISU.
Ma vi è anche un’altra
chiave: Mary Shelley esplora il rapido sviluppo cognitivo e affettivo della
creatura (che impara come un algoritmo e sviluppa sensibilità in modo
accelerato.)La creatura non è malvagia di natura, ma diventa tale perché
abbandonata - un parallelismo con le intelligenze artificiali lasciate a se
stesse senza una “socializzazione” o una guida etica . Inoltre, Shelley descrive
la non-denominazione del suo essere: nessun nome, nessuna identità - solo
deumanizzazione e rifiuto. In modo simile, le IA moderne sono identificate da
sigle tecniche o versioni («GPT 4», «modello X» ), oggettivate, private di
riconoscimento empatico. È una forma di “altroizzazione” che rende più facile
ignorare responsabilità e impatti morali. Per me, la lezione di Frankenstein è
questo: la scienza come potere creativo deve convivere con la responsabilità
morale. Se creiamo entità digitali (prompt monster, avatar, modelli
linguisticamente dotati), dobbiamo farlo tenendo in mente l’umanesimo digitale -
New Digital Humanism: mettere in discussione il nostro ruolo di creatori,
progettare con critica e umanità, non soltanto con efficienza.
In definitiva,
sintetizzerei per punti:
Mary Shelley annuncia la logica dell’IA moderna: vita
artificiale generata grazie all’elettricità e alla scienza.
Il romanzo incarna
l’etica di chi “gioca a fare Dio” senza considerare responsabilità e
conseguenze.
Noi oggi, con IA e prompt, viviamo la stessa dinamica: creiamo
“mostri” digitali, ma possiamo scegliere di farlo con umanità, consapevolezza e
visione critica.
Questo è il cuore della New Digital Humanism: usare la
tecnologia non per replicare gli errori del dottor Frankenstein, ma per elevare
e responsabilizzare le nostre creazioni verso un futuro più umano.
Quindi chi è
il vero mostro? Il dottor Frankenstein che ha creato e abbandonato la creatura
oppure la creatura stessa?
Questa domanda è il cuore riflessivo della mia
narrazione: chi è il vero orrore? Il creatore o la creatura? Victor Frankenstein
crea la vita ma poi abbandona la creatura, senza educarla né guidarla. In questa
mancanza di responsabilità essenziale nasce il mostro, non già nella sua natura,
ma dalle condizioni di abbandono e isolamento. La creatura, inizialmente
innocente e curiosa, sviluppa dolore, rabbia e distruttività quando scopre di
essere rifiutata: diventa “mostro” non per malvagità innata, ma per risposta a
un trauma esistenziale e sociale. Questa dualità risuona con un altro mito
fondativo: Medusa. Era davvero un mostro malefico? O piuttosto una vittima
trasformata? Nella versione di Ovidio, Medusa era una bella fanciulla, violata
da Poseidone dentro il tempio di Atena. Invece di punire il dio offensore, Atena
la trasforma in un mostro - serpenti al posto dei capelli, potere di
pietrificare chi la guarda, isolamento e morte sociale Medusa diventa così
esempio di vittima sancita come mostro: punita per essere stata violata nel
sacro, ma mai difesa. La sua trasformazione è una conseguenza ingiusta del
potere divino, non della sua colpa Quindi la domanda è evidente: il mostro è chi
crea e abbandona - il Dottor Frankenstein o Atena - oppure chi subisce una
trasformazione imposta, senza colpa propria? Entrambi i casi mostrano un modello
di abuso di potere: l’uno tecnologico, l’altro divino.
LUBEC. Talk sul Worlding e Immersività. Con Chiara Canali e il Prof.Pierluigi Sacco.
Proprio come Shelley
chiede se il mostro sia l’essere vivificato o chi l’ha creato senza prendersene
cura, oggi dobbiamo chiederci se le nostre IA e i nostri “corpi digitali”
diventati mostri siano frutto della tecnologia in sé, o piuttosto della mancanza
di responsabilità, empatia e contesto in cui vengono sviluppati e lasciati
andare. Medusa e la creatura di Frankenstein condividono la condizione di esseri
umanizzati, dotati di sensibilità, ma trasformati in mostri da un creatore
superiore che non può o non vuole gestirli. In ambito tecnologico, questo si
traduce nella responsabilità etica del progettista dell’IA: senza New Digital
Humanism, le entità generate possono diventare mostri digitali - alienanti,
violenti o freddi - proprio per mancanza di guida, di umanesimo incorporato. In
definitiva, il vero mostro non è necessariamente la creatura, sia essa di carne
o di codice, ma spesso è colui che la genera e la abbandona. Mary Shelley e il
mito di Medusa ci obbligano a riflettere: quando creiamo intelligenze
artificiali o “esseri digitali”, dobbiamo assumere la responsabilità del loro
sviluppo, socializzazione e trasformazione etica. Solo così potremo evitare la
tragedia del mostro che diventa umano o del creatore che si trasforma in mostro.
I suoi progetti Futuri?
La partecipazione a nuovi festival in tutta Italia. Poi
a novembre organizziamo il Matera Film Festival con grandi ospiti internazionali
come lo sono stati David Cronenberg, Terry Gilliam, Atom Egoyan, Peter Grenaway
ecc. E poi ho all’attivo un interessante progetto sperimentale creativo
denominato Progetto Pilota 4.1.2 Tech4You (PNRR – Ricerca) dell’Università della
Basilicata, dedicato allo sviluppo di tecnologie per la tutela e la
valorizzazione del patrimonio naturale, culturale e dell’identità locale, in
relazione ai cambiamenti climatici. Un progetto coordinato dalla Dott.ssa. Elisa
Acanfora. Qui il mio focus utilizza l’intelligenza artificiale generativa per
valorizzare il patrimonio immateriale lucano, con particolare attenzione a
figure rituali e artistiche. L’approccio visivo si incentra su Antropologia,
Arte e storia dell’Arte, Cinema, Musica e la magia della cartapesta. Questo
modello crea nuovi immaginari visivi del patrimonio culturale, proponendosi come
strumento critico e narrativo, in grado di rispondere alle sfide del cambiamento
climatico attraverso linguaggi digitali innovativi.
Progetto Tech4you. Artificial Mask. Rumita.
Grazie a Silvio Giordano per questo percorso tra arte e
tecnologia, in particolare per averci ricondotto, proprio attraverso il discorso
sull’IA, verso un nuovo umanesimo.
Per ulteriori informazioni è possibile
consultare www.silviogiordano.com; https://www.instagram.com
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