venerdì 29 maggio 2020

Testimonianze dal mondo della scuola al tempo del Covid - 19

Testimonianze dal mondo della scuola al tempo del Covid - 19

Ci si avvicina alla chiusura della scuola, una  scuola profondamente diversa quella cui eravamo abituati. Per un bilancio dovremo forse aspettare la chiusura dell’anno scolastico e valutare anche come è stato affrontato il tema delle valutazioni. Intanto abbiamo voluto ascoltare il parere di alcuni protagonisti del mondo della scuola e dell’università. Esperti  e studenti  cosa pensano della scuola a distanza e della Didattica A Distanza?

Il parere degli esperti

Luigi Catalani
Bibliotecario
Coordinatore nazionale area didattica Wikimedia Italia
Docente Informatica per le scienze filosofiche Unibas

L’emergenza sanitaria ha provocato uno strappo al mondo della scuola, alle sue consuetudini, imprimendo un’accelerazione forzata, quasi violenta al processo di digitalizzazione del sistema educativo, mettendo a nudo le criticità ma anche le potenzialità della didattica a distanza. Ha reso più evidente la questione del digital divide: non tutte le famiglie possiedono gli strumenti per fruire della formazione a distanza, non tutte le scuole hanno messo a punto una strategia ponderata e condivisa di formazione a distanza, non tutti gli insegnanti hanno acquisito le conoscenze e competenze necessarie per individuare le applicazioni e le piattaforme più adatte alle proprie esigenze. La questione non è solo tecnologica, è soprattutto pedagogica. Il nuovo ambiente formativo, al quale tutti hanno dovuto adeguarsi, impone una riflessione radicale sulla quantità e sull’accessibilità dei contenuti didattici, sull’adozione di metodologie in grado di favorire il coinvolgimento attivo degli studenti, sul capovolgimento del tradizionale ciclo dell’apprendimento che non è più un’opzione ma una necessità. Nella sua eccezionalità, quella che stiamo vivendo è un’occasione unica per ripensare metodi e funzione delle agenzie educative, per sostituire la logica degli adempimenti con quella della cultura intesa come esercizio del pensiero critico, per uscire dalla comfort zone dell’aula fisica e dei supporti cartacei e abitare con uno sguardo nuovo il nostro tempo, la cui dimensione sociale, lavorativa ed educativa è frutto della continua interazione tra la realtà offline e la realtà online. Le nostre vite, le nostre relazioni, le nostre comunicazioni sono già digitali, senza per questo aver smesso di essere anche analogiche. L’emergenza ci ha fatto notare tutto d’un colpo che i processi educativi non possono fare eccezione: su questo riconoscimento è possibile, forse doveroso, costruire una scuola più orgogliosa e consapevole della sua missione e del suo ruolo sociale. 

Il parere degli esperti

Emilio Lastrucci
Docente di Pedagogia Sociale e Pedagogia Sperimentale
Dipartimento di Scienze Umane – Università della Basilicata
Docente Dottorato di Ricerca in Psicologia dello Sviluppo e Ricerca Educativa, Facoltà di Medicina e Psicologia, Università “La Sapienza” di Roma
Presidente Nazionale Associazione Pedagogica Italiana
Consulente scientifico del MIUR


Il processo di diffusione a livello di sistema delle tecnologie didattiche (TD) e della Formazione Aperta e a Distanza (FAD, acronimo che all’origine rendeva nella lingua italiana quello utilizzato per la lingua inglese ODL, Open Distance Learning, adottato per denotare la prima importante esperienza di didattica universitaria a distanza, la Open University) nel nostro Paese ha avuto avvio durante il Dicastero di Luigi Berlinguer (I governo Prodi, 1996-1998), il quale varò, impegnando un ingente investimento di risorse finanziarie, tecnologiche e professionali,  il Piano per lo Sviluppo delle Tecnologie Didattiche (PSTD) , rivolto all’intero sistema scolastico, ed istituì la Commissione UNIFAD, assegnandole il compito di elaborare un progetto di riorganizzazione del sistema universitario che contemplasse in misura consistente l’erogazione di attività a distanza, già parzialmente sperimentate attraverso l’attività del “Consorzio Nettuno” e del CUD (Consorzio per l’Università a Distanza, con sede a Cosenza), grazie alla collaborazione stretta con la RAI.
Quale consulente scientifico del Ministro (che ricopriva la carica tanto per la pubblica istruzione quanto per l’università e la ricerca), ho contribuito in prima persona sia alla fase elaborativa sia a quella attuativa, su questi vari fronti, di questo processo di rinnovamento, che assumeva una valenza strategica nel progetto di riforma, sia del sistema scolastico-formativo (riconoscimento dell’autonomia scolastica e riordino dei cicli) sia di quello universitario, che fu promosso e (solo in parte) attuato da quel governo.
Il PSTD mirava, fondamentalmente, a conferire alla scuola un ruolo di protagonista e propulsivo, piuttosto che di istituzione destinata a subire ed inseguire, in una posizione permanentemente arretrata e conservatrice, il processo, sempre più accelerato, di profondissima trasformazione culturale e della vita civile determinato dall’avvento delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC). Tale scopo veniva conseguito in due fasi, denominate Piano A (formazione delle competenze informatiche e telematiche dei docenti) e Piano B (dotazione di spazi – cioè il laboratorio informatico – e attrezzature) di ogni istituzione scolastica.
La commissione UNIFAD (nella quale ho ricoperto il ruolo di vice-coordinatore, affiancando il mio collega Lucio Pagnoncelli, pedagogista della Sapienza – università presso la quale in quegli anni anche io operavo, poco prima di trasferire la mia sede presso l’ateneo lucano) aveva anch’essa un fine molto ambizioso, proponendosi di estendere la frequenza dei corsi di laurea e la partecipazione all’alta formazione a categorie sociali che, in ragione di varie condizioni di svantaggio (studenti lavoratori, residenti in località periferiche rispetto ai centri nei quali erano ubicati gli atenei, disabili ecc.), erano fino a quel momento rimaste escluse dai circuiti della formazione terziaria. 

Nel periodo ultra-ventennale che ci separa da quella stagione aurorale nella quale si gettarono le basi per espandere ed arricchire la professionalità docente con un complesso di competenze legate alla comunicazione digitale, allo scopo di metterne a frutto tutte le potenzialità per accrescere al massimo grado l’efficacia e la qualità dei processi di apprendimento/insegnamento, e quindi garantire una maggiore equità ed inclusione, ho continuato ad occuparmi di formazione a distanza seguendo coerentemente quella medesima prospettiva, convinto che un uso consapevole e sapiente dei media che in questo arco di tempo hanno avuto sviluppo (in particolare i social media, che hanno impresso l’impulso decisivo al sopravvento della comunicazione nella dimensione virtuale in rapporto a quella del vissuto reale “in presenza”) permettesse alle istituzioni formative – dalla scuola dell’infanzia all’università – di operare in forma sempre più incisiva in coerenza con i fondamenti democratici che ne ispirano il progetto pedagogico-culturale.
Nell’ultimo lustro l’impegno dei vertici del sistema scolastico-educativo per potenziare il ruolo delle tecnologie didattiche nell’offerta formativa ha trovato decisiva conferma attraverso l’attuazione del Piano Nazionale per la Scuola Digitale (PNSD), avviato con la riforma de “La buona scuola” (L. 107/2015).
Fino a qualche mese fa, il quadro dello stato di sviluppo della didattica digitale nel tessuto scolastico ed universitario nazionale, registrabile attraverso alcuni indicatori utilizzati nella valutazione di sistema, sembrava decisamente incoraggiante, anche se la vivacità del dibattito attorno ad una serie di nodi problematici denunciava in modo evidente come “l’infatuazione elettronica” nascondesse criticità e zone d’ombra che richiedevano di essere indagate e valutate in forma più meditata ed approfondita. Tale dibattito ha avuto punte di aspro contrasto, in particolare, nel confronto fra i sostenitori dell’ottimistico approccio BYOD (Bring Your Own Device) e coloro (fra cui chi scrive è stato in prima linea) i quali, valutando i risultati di rigorose ricerche condotte sul campo, hanno cercato di evidenziare gli inquietanti effetti, e gli ancora più preoccupanti rischi, dell’immersione dei giovanissimi (soprattutto i cosiddetti post-Millenials) nella comunicazione  virtuale, attraverso la quale viene gradualmente ad indebolirsi la sana consuetudine ad una vita di relazione esperita in contesti aggregativi e comunicativi legati al vissuto reale, nonché, per conseguenza, a degradarsi il valore, la  profondità e la stabilità delle relazioni inter-umane.
L’emergenza sanitaria, che ha imposto a tutte le istituzioni educative, dall’oggi al domani, di gestire l’attività didattica completamente a distanza, per un periodo la cui esatta durata non siamo in grado allo stato di stabilire, ha indubbiamente costituito quella condizione critica il cui impatto svolge anche la funzione di mettere alla prova l’effettiva capacità del sistema di gestire il proprio servizio e conseguire i propri fini istituzionali attraverso la  padronanza dell’innovazione, mettendo in campo tutte le risorse (strumentali/tecniche e professionali/umane) di cui dispone ed avvalendosi dell’esperienza maturata in circa un quarto di secolo di faticosa e spesso tormentata appropriazione e declinazione a fini didattico-educativi dei risultati e dei prodotti più avanzati della comunicazione digitale.
L’emergenza della pandemia ha sicuramente posto la scuola ed il mondo della formazione di fronte alla sfida decisiva con la tecnologia.
Se, dopo oltre un mese di scuola ed università a distanza full time (che rappresenta comunque un arco temporale troppo limitato per poter eseguire una verifica adeguatamente approfondita e documentata, ma tutto sommato sufficiente per poter iniziare a mettere a fuoco problemi e difficoltà più vistosi ed indicare conseguentemente qualche possibile strategia di miglioramento), mi si chiede di tracciarne un primo bilancio e valutare quanto queste istituzioni fossero realmente preparate ad affrontarla, nonché il valore degli esiti finora conseguiti, non posso esimermi dal porre in risalto il rivelarsi di alcune criticità che, ancorché ad un livello di prima generale impressione, rendono questo bilancio, tutto sommato, piuttosto deludente.
Attraverso i miei primi studi e le mie prime pubblicazioni scientifiche sulla formazione a distanza, connessi a quelli degli allora più avanzati centri di ricerca nazionali (come, ad esempio, per una lunga fase, il CNR di Genova e l’Istituto “S. Anna” di Pisa), si era pervenuti a schematizzarne le diverse forme, in funzione del combinarsi di tre parametri fondamentali: tempo reale o differito dello scambio dei messaggi, interattività ed utilizzo combinato o meno di tracciati audio e video.
Già da allora avevo cercato di mostrare che la forma più evoluta di didattica a distanza, che riproduce la forma più avanzata di quella in presenza, sia costituita dalla modalità sincrona-interattiva audio/video, permessa dall’utilizzo di programmi e piattaforme, di livello più o meno professionale, per lo svolgimento di teleconferenze o (secondo un neologismo di recente introdotto) webinar. Da una ricognizione eseguita su alcune istituzioni scolastiche e universitarie (che non costituiscono un campione rappresentativo, per cui la rilevazione non consente generalizzazioni, ma riveste comunque una funzione indicativa) risulta che solo una quota minoritaria dei docenti si avvale di questo tipo di strumenti, praticando prevalentemente forme di didattica asincrone ed a bassissima interattività, che vanno dal fornire materiali di studio ed assegnare compiti per accertarne l’assimilazione alla registrazione audio o audio/video di lezioni frontali da fruire in forma asincrona.
Ritengo che la teleconferenza (sincrona, interattiva, audio/video), se effettivamente sfruttata in tutte le sue potenzialità, permette di realizzare una didattica frontale o cooperativa (o addirittura stile flipped classroom) esattamente come in una situazione in presenza (considerando che le percezioni tattili, olfattive e gustative, che è impossibile riprodurre a distanza, non hanno una funzione determinante per larga parte della didattica, se si escludono alcuni casi particolari come, ad esempio, le lezioni di cucina in un istituto alberghiero o le attività di laboratorio in un istituto tecnico o professionale o nella facoltà di ingegneria,  ovvero in sede di tirocini e lezioni pratiche, come per l’attività settoria o quella clinica per gli studenti di medicina) ed anzi, permettono  addirittura l’uso di strumenti ausiliari che arricchiscono la lezione. Durante le mie lezioni a distanza io uso, ad esempio, scrivere od elaborare schemi su una whiteboard il cui contenuto viene salvato in un file, consento ai miei studenti di intervenire con osservazioni, commenti, richieste di chiarimento e approfondimento ecc. e permetto loro di registrare queste osservazioni anche sulla chat durante lo svolgimento della lezione, senza interrompere quest’ultima, per poi valutare collettivamente queste annotazioni a margine alla fine della lezione, come si farebbe in un’attività di brain-storming. La video-lezione viene comunque registrata e tutti i materiali prodotti durante il suo svolgimento, così come altri materiali citati o pertinenti, vengono resi disponibili in un contenitore (drive condiviso o classe virtuale o canale Youtube), cui gli studenti hanno libero accesso continuo, cosicché possono fruire della lezione o di sue parti quante volte desiderano, ovvero quelli che non hanno potuto partecipare sincronicamente possono comunque seguirla in differita.
In tal modo la perdita della video-lezione rispetto alla lezione in presenza si azzera pressoché del tutto, presentando, anzi, la prima alcuni notevoli vantaggi (in particolare, risparmio del tempo e dei costi di spostamento fra abitazione e sede della didattica) ed alcuni “valori aggiunti”, come la possibilità di fruire più volte di quell’intervento formativo ed eventualmente (in forma asincrona) negli orari preferiti, se quelli della lezione in modalità sincrona coincidono con altre attività.
Ciò non significa, a mio modo di vedere, che valga la pena sostituire completamente con attività a distanza l’esperienza formativa in presenza, che si svolge nell’ambiente fisico deputato, il quale, oltre che un ambiente di apprendimento rappresenta anche un contesto fondamentale di socialità, e quindi di vita. Le relazioni inter-umane, di tipo orizzontale (fra pari) o verticale (fra docenti e discenti), rivestono infatti, in ogni caso, una funzione decisiva, oltre che ai fini dell’efficacia dell’esperienza formativa, anche come esperienza di vita. Da tale punto di vista, perciò, l’esperienza educativa vissuta nel contesto della comunità educante, risulta irriproducibile – anche con le tecniche più evolute e raffinate - ed insostituibile.





Dal diario di un docente/genitore nella scuola digitale



“Nella fase emergenziale che stiamo vivendo, - ci dice A. Z. (le lettere simbolicamente vogliono rappresentare una condizione diffusa) - anche al netto delle indicazioni ministeriali, la scuola ha sin da subito svolto il proprio ruolo di Comunità educante. Le maggiori criticità dal punto di vista degli studenti e delle famiglie le riscontro nel fatto che la didattica a distanza non si presenta per nulla inclusiva, anzi ha aumentato il divario sociale e rigettato indietro i più deboli e vulnerabili. Non è solo la mancanza di un device il problema, il che aggrava la condizione di molte famiglie in cui si vive anche il problema della perdita di lavoro da parte dei genitori. I ragazzi delle scuole secondarie di II grado sono più autonomi nel gestire le tecnologie, meno gli alunni delle secondarie di I grado, molto meno o per nulla gli alunni della primaria, e non è detto che i genitori siano in grado di scaricare un’applicazione per la didattica a distanza. A rischio di emarginazione sociale sono in particolare i bambini/ragazzi con disabilità o altri BES. Tra i docenti vanno distinti coloro che sono più esperti delle nuove tecnologie e altri che sono abituati a una didattica tradizionale, non manca anche il problema della Privacy e del trattamento dati, affrontato spesso con scarsa consapevolezza. A tal proposito il Garante per la privacy è intervenuto il 30 marzo, lasciando ampio margine alle singole istituzioni scolastiche. L’ampia discrezionalità nell’uso delle piattaforme (da Skype a Zoom a WatsApp oppure quelle collegate ai registri elettronici), non risolve i problemi di spazi in casa e di condivisione di devices. Quanti dovrebbero essercene, ad esempio, in una casa in cui c’è una madre insegnante, un padre in smart working e tre figli in età scolare? Per tale ragione io, che sono anche genitore con la necessità di seguire i miei figli più piccoli nello svolgimento dei compiti, devo scegliere di fare lezione nel pomeriggio, affinché non vi sia contemporaneità con i figli. Tutto si può risolvere, potendo attingere alla tecnologia con l’aiuto delle istituzioni e della associazioni che non sono assenti, ma la scuola in presenza è un’altra cosa. E speriamo  - ha concluso A. Z. - che quando ci torneremo, lo faremo con maggiore consapevolezza.”.




Dal diario di una madre ingegnere


Angela Loscalzo è madre di due gemelli, che frequentano la 5 classe della primaria dell’I.C. “Luigi La Vista” di Potenza. Questa a sua testimonianza sulla scuola a distanza. “Mio marito - ci ha detto Angela Loscalzo – mi ha detto candidamente che non saprebbe seguire i figli nelle attività scolastiche a distanza, una scusa? Non lo so. Certo è che io personalmente non mi sono sottratta a questa nuova “responsabilità”. Preciso che non sono una mamma-drone, seguo alla lettera il regolamento che chiede di non assistere alle lezioni delle maestre, perché il rispetto dei ruoli sia pieno e i ragazzi continuino a distinguerli nettamente. Quello che mi colpisce, nel momento in cui aiuto i miei figli a connettersi con la classe, è la loro felicità nel rivedersi tutti insieme, i saluti affettuosi tra loro, e l’impegno delle maestre a partecipare al rito del ritrovarsi, benché a distanza, con il sorriso e con frasi di incoraggiamento. Non parlo della didattica, non entro nel rapporto tra i miei figli e le maestre per salvaguardarne l’autorevolezza, che è parte integrante del loro ruolo. È chiaro che durante il collegamento si è impegnati, perché bisogna rimanere in prossimità, per eventuali difficoltà di connessione, e che nello svolgere i compiti pomeridiani la presenza del genitore sia necessaria più di prima, poiché il tempo delle lezioni è breve, e questo richiede che per qualche aspetto il ruolo della madre, nel mio caso, si integri con quello dell’insegnante nello svolgimento dell’assegno. Non riesco a immaginare – ha concluso Loscalzo - come sarebbe la giornata dei miei figli senza questa prosecuzione di spazio scolastico. La scuola è indubbiamente presenza, e ad essa i miei figli torneranno con gioia, ma oggi abbiamo imparato ad apprezzarne la capacità di adattamento alla situazione a distanza che si è creata con il covid-19, e per questo voglio fare i miei complimenti alle maestre, soprattutto, per quanto fanno per creare intorno ai bambini serenità nella prosecuzione di un clima di socialità.”.

Il parere di studentesse IPSSEOA “Umberto Di Pasca”, Potenza



La didattica a distanza è un ottimo metodo per rimanere vicini anche se lontani in questo periodo così difficile, certamente non ci rende felici vedere professori e compagni soltanto tramite uno schermo, è difficile apprendere i concetti come li apprendiamo in classe, ma è molto utile avere tutti i mezzi a disposizione per ricerche, scoperte nuove e aggiornamenti su programmi che avevamo a disposizione ma non sapevamo come utilizzare. (Noemi Pace, IV D).
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Trovo molto utile il fatto di poter ricevere un'istruzione anche a distanza, grazie alla tecnologia moderna, ma trovo insoddisfacente il non poter interagire direttamente con i professori, parlare ad uno schermo non è la stessa cosa. L'unico suggerimento che vorrei dare è quello di resistere, è difficile sia per noi studenti che per i docenti non avere un contatto tra i banchi di scuola, ma la didattica a distanza è sempre meglio di niente. (P. E., III B)
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Credo che nessuno di noi si aspettasse che all’improvviso tutto sarebbe cambiato. E’ cambiata la nostra quotidianità la mattina ci svegliamo e dopo la colazione non usciamo più di casa per recarci a scuola ma ci spostiamo semplicemente dalla cucina alla scrivania per accendere il computer e per fare le video lezioni. Personalmente non mi sarei mai aspettata di dover affrontare tutto ciò ma nonostante la presenza di questo virus di cui noi siamo prigionieri non ci arrendiamo. Credo che la didattica a distanza serva assolutamente più di qualsiasi altra cosa in questo periodo perché solo così possiamo restare tutti uniti e possiamo continuare a svolgere quello che ad oggi è il nostro dovere. Mi manca molto l’ambiente scolastico, mi mancano i miei compagni di classe e tutti i professori, ma fortunatamente la tecnologia ci sta tenendo uniti più che mai! (Desirè Marino 1D)


Il parere di
Antonio Marsicano, Segretario della Rete degli Studenti Medi di Basilicata



Ad Antonio Marsicano, Segretario della Rete degli Studenti Medi di Basilicata, che frequenta il liceo Classico di Viggiano, abbiamo chiesto quale sia la posizione della Rete sulla scuola a distanza.
Negli ultimi giorni gli istituti di tutta la regione si sono adoperati, più o meno prontamente, per attivare diverse metodologie di didattica a distanza, che spesso però vanno a cozzare con le necessità e con le possibilità del corpo studentesco. Molte sono state le lamentele indirizzate a questo sistema di didattica “innovativa” in questi giorni di emergenza: studenti da tutta la regione denunciano come sia difficile connettersi alle lezioni senza una buona rete a disposizione, come non tutti abbiano a disposizione un pc dal quale seguire e soprattutto come buona parte dei docenti non sia pronto ad attuare questo tipo di didattica in risposta alla situazione contingente, lasciando gli studenti in balia di indicazioni confuse e distribuite sui vari mezzi che il web ci offre. Il quadro offerto dalla situazione lucana non è dovuto solamente alla difficoltà della scuola a rispondere ad un contesto di emergenza, ma sottolinea dei deficit presenti sul tessuto scolastico ed infrastrutturale. Le colpe non sono dei singoli docenti, bensì del fatto che la scuola italiana, e nel particolare quella lucana, è rimasta profondamente ancorata a sistemi d’istruzione verticale, a modalità didattiche ferme allo scorso secolo, lente rispetto agli standard europei e che mostrano, proprio in questi momenti di necessità, tutte le proprie lacune. E sul piano locale può essere ugualmente utile ricordare i forti ritardi del nostro territorio per quanto riguarda l’infrastrutturazione di base, come una buona connessione, che ancora manca.

Come pensa la Rete degli Studenti Medi che si possa ovviare a queste difficoltà?

Il Coordinamento Regionale delle CPS della Basilicata indica una serie di linee guida per l’USR della Basilicata, la Giunta Regionale della Regione Basilicata, nella persona dell’assessore alla formazione e allo sport Sig. Francesco Cupparo, frutto ed espressione del dialogo tra i rappresentanti degli studenti lucani nelle CPS e nelle associazioni studentesche.

Quali, in sintesi, tali linee guida?

Certamente il coinvolgimento della rappresentanza studentesca nella strutturazione della didattica a distanza in ogni istituto e che l’uniformità dei mezzi e delle piattaforme siano alla base dell’attuazione delle metodologie didattiche, per evitare che uno studente in ogni giornata scolastica debba dibattersi tra i più svariati siti ed applicazioni, è utile, a tal fine, un’uniformità di piattaforme a livello di Consiglio di Classe, o anche d’Istituto; rispetto della scansione temporale utilizzata in regime di normalità scolastica, al fine di evitare lo svolgimento di lezioni in qualsiasi momento della giornata, facendo attenzione a garantire agli studenti un numero di lezioni quanto più vicino al monte ore già istituito per legge; attuazione per gli studenti delle stesse misure attuate per i lavoratori che utilizzano videoterminali (dlgs 81/2008, art. 1 L. 123/2007); verifiche tramite le piattaforme online alla  presenza di testimoni; attenzione a che non si usino metodi discriminatori nei confronti di coloro che non dispongono di mezzi adatti a seguire le lezioni online; facilitazione delle modalità di comodato d’uso di strumenti per la connessione alle piattaforme per gli studenti con difficoltà fisiche ed economiche, come già da nota del dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del 17/03/20; indicazioni operative dell’USR ai docenti per lo svolgimento delle lezioni, affinché ognuno possa, anche senza troppe competenze informatiche, svolgere correttamente il proprio lavoro.

Come concretamente potreste intervenire  per rendere operative queste proposte?

Chiediamo che venga istituita in seno all’USR una commissione regionale di monitoraggio sulla didattica a distanza che coinvolga anche i rappresentanti degli studenti per ottenere un quadro completo della situazione d’emergenza in regione e quindi sul rispetto da parte delle scuole anche delle linee guida indicate dalla Rete.

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