giovedì 25 novembre 2021

 


Intervista a Francesca Bartolami aka Eva Kraai

di Lorenza Colicigno

Eva Kraai (foto di Terra Merhyem)


A Francesca Bertolami aka Eva Kraai, impegnatissima nella sperimentazione di tecnologia 3D, chiedo di riassumerci il suo percorso nei mondi virtuali, senza perdere di vista le connessioni con la sua vita reale. Come sai, Eva/Francesca, e come sanno i nostri lettori, ho impostato questa serie di interviste proprio sulla connessione tra mondi, dal reale al virtuale e viceversa, per verificare, e comunque mettere in crisi in senso positivo, le mie e le altrui convinzioni al riguardo.

Grazie, Lorenza. Non vorrei mettere in crisi le convinzioni di nessuno, comunque: ognuno di noi segue un suo percorso di vita che è valido quanto quello degli altri…

A pensarci bene il mio interesse per i mondi virtuali è nato tanti anni fa, quando ho scoperto Internet. Allora non esistevano molti modi per comunicare in rete, c’erano solo delle chat testuali e le BBS. Mi aveva affascinato la possibilità di fare ricerche, anche per lavoro, e poiché nel mio ufficio non c’era un collegamento avevo acquistato un abbonamento con IOL, suscitando anche qualche perplessità tra i miei colleghi. Nel corso del tempo ovviamente le cose sono molto cambiate, anche nella Pubblica Amministrazione, e mi sono trovata a essere sempre più coinvolta in progetti che riguardavano il sito web del Consiglio regionale. E’ stato questo interesse per le nuove tecnologie e la comunicazione a spingermi a volere esplorare nuovi modi di interagire con gli altri. Così quando ho sentito parlare di Second Life mi sono detta che sarei dovuta proprio entrarci. Purtroppo il mio web provider non me lo ha permesso per diverso tempo, ma nel 2010, quando già Second Life stava deludendo parecchi utenti, ho potuto finalmente farmi un avatar e mi si è aperto un mondo. Certo un mondo parallelo, che aveva poco a che fare con la mia attività di tutti i giorni, ma che mi permetteva nuovamente di creare qualcosa. Penso che la creatività sia un’esigenza che tutti abbiamo fin da piccoli e che purtroppo crescendo spesso ripudiamo nel tentativo di sentirsi “adulti”. Io ho provato a sentirmi creativa in molti modi, dalla pittura (ma non avevo talento), alla scrittura (scrivevo racconti, ma ho abbandonato per esaurimento d’inventiva), alla recitazione (mi costava troppo tempo da sottrarre allo studio), alla fotografia (mi riusciva meglio quando viaggiavo di più, anche solo per lavoro). Ecco, in Second Life potevo imparare a costruire il mio mondo e a condividere questa esperienza con altri. Potevo fotografare senza macchina fotografica. Potevo conoscere persone diverse da me e dai miei amici storici, potevo approfondire la conoscenza e farne nuovi amici. Grazie ad alcuni di loro ho scoperto Opensim, una versione di SL completamente opensource, e quando ho iniziato a costruire con Blender è stato naturale abbandonare sempre più Second Life per spostarmi in Craft, dove tutto si può fare liberamente, senza costi se non quelli di affitto di una sim. Quando poi sono entrata in contatto con Edu3d, ho capito che è importante anche condividere quello che si sa fare con altri e imparare dagli altri, così ho ripreso a insegnare, forse con più entusiasmo che tecnica didattica, un’esperienza che come tante avevo abbandonato da anni per seguire altre strade. Grazie ai tutor di Edu3d, ma non solo, ho conosciuto anche altri mondi virtuali, mondi che si possono visitare in VR e avere l’impressione di esservi immersi come in una realtà alternativa. 

Eva Kraai interpreta Il piccolo Principe in una sperimentazione Edu3

E anche lì conoscere persone interessanti, comunicare, sperimentare. Nel brutto periodo della pandemia che stiamo attraversando, soprattutto durante i lockdown, i mondi virtuali mi hanno aiutato a sentirmi viva. Sono stata anche entusiasta di poter partecipare al 2Lei, approfondendo la conoscenza con le persone del gruppo (parlo proprio di persone, non di avatar: l’avatar è solo un medium) e lavorando su un tema che mi è sempre stato a cuore, essendo una “vecchia” femminista e avendo fatto parte per anni del Comitato Pari Opportunità della mia Amministrazione (fino a quando è stato sciolto per questioni politiche). Oltretutto ho potuto interpretare delle bellissime opere e poesie, riesumando la mia esperienza di tanti anni or sono in una filodrammatica di quartiere. Ora che il 2Lei sta volgendo al termine, voglio ringraziare tutti i miei “compagni di viaggio”: Seta Rosea, per i suoi testi emozionanti, Fiona Saiman, per le sue sentite interpretazioni e le sue immagini, Rubin Mayo, inappuntabile presentatore e divulgatore, Sergej Zarf, di cui ammiro da tempo i video, Rosanna Galvani, instancabile coordinatrice e streamer e naturalmente anche te, Lorenza, per le tue opere e per la “Città delle donne”. 

L'installazione di Eva Kraai per 2Lei in Craft World

Spero che quest’avventura non finisca qui, ma possa ancora darci modo, nel nostro piccolo, di contribuire ancora alla lotta contro la violenza in tutte le sue forme. Insomma, credo che la realtà virtuale, se affrontata con cognizione di causa, non possa che arricchire la vita reale, senza ovviamente sostituirla.

 I tuoi “servizi fotografici”, sempre ricchi di una documentazione che è informativa, ma anche interpretativa, degli eventi in corso del progetto 2Lei, rientrano nella mia idea che l’aspetto più importante di ogni nostra manifestazione di pensiero e di azione ha efficacia, sì, certo, per il solo fatto di esistere, ma soprattutto per la capacità divulgativa di chi vi partecipa e vi assiste. Senza divulgatori/divulgatrici attente, molti messaggi passano inosservati o sono presto dimenticati, insieme ad essi i valori che portano. Che ne pensi?

Una delle foto di Eva Kraai a documentazione delle tante installazioni del 2Lei in Craft World


Penso che sia assolutamente vero. Quando mi occupavo di comunicazione pubblica, avevamo un motto: “Se fai qualcosa, fallo sapere”. Cercare di comunicare ad altri la propria percezione di un evento, di una manifestazione, di un’opera, è utile anche a noi stessi per confrontarci con la percezione che ne hanno loro. Ed è importante per conservare la memoria di quello che si è visto e sentito. 
Ritengo che la fotografia sia lo strumento ideale per farlo, in quanto colpisce immediatamente l’attenzione. E questo vale soprattutto nella nostra epoca, in cui siamo bombardati da informazioni che ci vengono proposte dai media, dalla stampa, dal web, e spesso facciamo fatica a recepire tutto e a districarci tra le notizie, per non parlare di quelle false e tendenziose. Soprattutto sui social, dove spesso non ci si sofferma più di tanto a leggere, i post con le immagini sono recepiti subito e non è detto che a quel punto non ci si fermi anche a cercare di approfondire. Da un punto di vista più personale, per me fotografare è stato sempre importante: ho spesso incubi ricorrenti in cui parto per un viaggio dimenticandomi di portare la macchina fotografica… anche se ora i cellulari hanno reso tutto più semplice.

Per te che frequenti diverse realtà virtuali, quale è quella o quali sono quelle che più rispondono all’esigenza di espressione e comunicazione nella realtà contemporanea? La rotta di FB verso “meta” disegna un profilo del mondo reale sempre più proiettato verso l’immateriale? Che interpretazione dai di questa spinta al virtuale nella comunicazione social?

Posso dire che per ora la realtà virtuale cui sono più affezionata e in cui mi sembra che ancora sia possibile esprimersi in modo più semplice con strumenti interni o esterni sia quella di Opensim, anche se non consente un’immersione totale come la VR. Può darsi però che sia solo una mia preferenza, dovuta anche al fatto che non ho una conoscenza approfondita di altri mondi, dove pure ho visto cose molte interessanti. Penso che chi frequenta queste realtà scelga senz’altro quella che gli è più congeniale, dove si sente più a proprio agio a costruire o a incontrare amici. E comunque, come ho avuto già occasione di dire, si tratta ancora di ambienti “di nicchia”, siamo lontani – per ora – da quanto ha prospettato Zuckerberg. Penso che però possa essere una prospettiva che si concretizzerà in futuro, quando la tecnologia diventerà di più semplice utilizzo e a costi molto più contenuti. Abbiamo sperimentato durante questa pandemia quanto gli strumenti tecnologici ci abbiano aiutato a lavorare e studiare a distanza, a potere seguire eventi, a non sentirci completamente isolati. Pensa a un lockdown negli anni Cinquanta o Sessanta: avremmo avuto solo il telefono per comunicare tra di noi. Quindi l’idea di incontrarci con persone lontane e di potere condividere passioni e conoscenze, anche se solo in un mondo immateriale, mi sembra una prospettiva affascinante.

Hai un “messaggio” da consegnare, come Eva Kraai, ai nostri lettori? E come Francesca Bertolami? Sono perfettamente sovrapponibili?

Eva ed io siamo sempre state la stessa persona, non ho mai finto di essere qualcuno che non sono né sui social né in mondi virtuali. Sono sempre io, con pregi e difetti, con le mie paure e le mie speranze, con quello che so e quello che ignoro. Che messaggio posso lasciare? Non dimentichiamo mai che dietro un avatar c’è una persona con il proprio vissuto e i propri sentimenti, viviamo la nostra vita virtuale con gli stessi valori che difendiamo in quella reale.


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