lunedì 29 novembre 2021

 



Intervista a Sergej Zarf aka Mario Fontanella

di Lorenza Colicigno

 

Sergej Zarf aka Mario Fontanella

Terminate le iniziative di 2Lei in Craft World, non ci resta che farne una valutazione, che non so fino a che punto possa essere oggettiva, essendone stati anche noi parte attiva. Forse neppure ci interessa una valutazione oggettiva, avendo vissuto questa avventura 2Lei con passione, con partecipazione intellettuale ed emotiva. Vorrei quindi chiederti che bilancio possiamo fare di questo mese di iniziative dedicate al tema della “eliminazione della violenza contro le donne”.  Hai intravisto un rischio di formalismo, autocelebrazione, di enfatizzazione, banalizzazione, ecc.?

Credo che l’aspetto prevalente di tutte queste nostre attività sia, più che il risultato in termini di coinvolgimento sociale, il motivo stesso alla base della nostra partecipazione. Il rischio di cadere nell’autocelebrazione e nella retorica c’è sempre, un po’ è anche inevitabile, ma non penso sia quello il punto da cogliere, ogni attività umana, come sappiamo, può essere per propria natura fallace. La tematica che affronta il 2Lei penso travalichi ogni forma di personalismo; se ognuno ci mette un proprio, anche piccolo, contributo può aiutare a mantenere viva la fiamma  e permettere al fuoco di continuare ad ardere anche ben dopo il mese di novembre, a cui viene annualmente dedicato da quella data fatidica del 17 novembre 1999. Vedo il 2Lei importante prima di tutto per ciascuno di noi, come un momento di costruzione interiore utile a rendere presente nella nostra coscienza un sentimento così solido da metterci in grado di trasformarlo in azioni reali nella nostra vita, dalle piccole azioni quotidiane ai momenti di interazione sociale di più ampia portata. Certo, per alcuni di noi questo sentire magari non ha bisogno di essere rafforzato, anche in virtù di esperienze vissute sulla propria pelle, ma ovviamente non è per tutti così. Non è mia intenzione sminuire la portata comunicativa di manifestazioni come queste, penso però che il modo più significativo per trasmettere dei memi reali e permanenti sia ancora l’esempio e il passaggio diretto da essere umano ad essere umano, ma per trasmetterlo devi prima averlo dentro di te, non solo come pensiero latente, ma come fiamma viva. Ogni attività che ci consente di muoverci verso questa costruzione interiore per me è importante, indipendentemente dal fatto che poi ad una serata partecipino 10 o 100 persone. Poi c’è anche l’aspetto collettivo da tener presente, più tasselli vengono aggiunti più si creano condizioni che permettono al messaggio di essere colto anche da chi non è già sensibile alla tematica affrontata.

 

Entriamo nel vivo di questa nostra conversazione, prendendo come punto di riferimento il video “7735”, testo di Seta Rosea, riduzione filmica di Fiona Saiman, che ne è anche regista insieme a te, video che hai realizzato come momento conclusivo di una fase del corso “Riprendiamoci”, in cui hai il ruolo di “maestro”. Qual è la maggiore difficoltà tecnica, se esiste, nel realizzare un video in un mondo immateriale, virtuale? A proposito, data la tua attenzione per la terminologia, vuoi soffermarti prima su quale sia il modo corretto, secondo te, per definire tecnicamente questi mondi paralleli alla vita reale?

"Riprendiamoci" laboratorio video in Craft World a cura di Sergej Zarf

Beh, il termine attualmente più in voga  è quello di “mondo parallelo”; personalmente lo trovo anche più corretto rispetto a “mondo virtuale” perché, come spesso capita di osservare, molte tra le persone che vivono questi ambienti riportano semplicemente “se stessi” in una circostanza diversa da quelle che abitualmente frequentano, come se visitassero un paese straniero con tradizioni diverse da quelle proprie di nascita, cercando di adattarsi alle regole, ma senza di fatto cambiare le proprie tendenze e atteggiamenti comportamentali e relazionali di base. In pratica, sei sempre tu che interagisci con un ambiente e con altre persone, almeno inizialmente estranei, solo che lo fai utilizzando una protesi tecnologica, comunicativa ed espressiva. È anche capitato di trovare, al contrario, chi si identifica talmente con l’avatar da faticare ad accettare la propria identità reale, ma qui si sfiora l’ambito patologico, che non è certo il mio ambito. Si può dire che, nella maggior parte dei casi, l’identificazione non avviene con l’avatar, ma con quello che l’avatar ti consente di fare.


Parlando invece della realizzazione di video in ambienti virtuali, per utilizzare il termine comune, è certamente più complesso richiedere ad un avatar di esprimere emozioni e compiere alcuni movimenti complessi, rispetto a quanto si possa ottenere da un attore in carne e ossa. Di contro, anche se la computer graphic in ambito cinematografico ha rivoluzionato la gestione delle scenografie, creare ambienti ad hoc per le proprie riprese nei mondi virtuali è sicuramente più semplice rispetto a ricrearle in spazio fisico. Bisogna tener comunque conto che le nostre realizzazioni sono sempre e comunque “amatoriali”, sia per fattori di competenza tecnica, sia per disponibilità oggettiva di mezzi e persone con competenze adeguate, anche se alcune volte si tratta di una differenza più quantitativa che qualitativa. Mai comunque nei nostri lavori abbiamo avuto l’ambizione di ottenere prodotti comparabili a quelli realizzabili nei cortometraggi d’animazione, questo indipendentemente dall’impegno richiesto per realizzarli. Il nostro è un ambito specifico “di nicchia”, apprezzabile quasi esclusivamente da chi conosce la complessità dell’ambiente in cui viene realizzato; lo sappiamo e ci limitiamo a cercare di ottenere il meglio dalle nostre possibilità, divertendoci, se possibile, nel farlo.

 Interessante, ad esempio, in “7735”, la commistione tra “finzione” filmica e documentazione di eventi reali, la motivazione è nella difficoltà di restituire in opensim la complessità di eventi collettivi o di massa o da una motivazione interna all’intenzione comunicativa.

La scelta di utilizzare elementi tratti da materiale documentario dell’epoca disponibile in licenza d’uso gratuito per scopi non commerciali, come nel nostro caso, è stata presa dopo un momento di riflessione a riguardo. Normalmente sono contrario a spezzare la continuità espressiva dell’ambiente virtuale con materiale esterno, in questo caso abbiamo deciso di farlo per rendere palese un collegamento diretto tra i riferimenti emotivi e simbolici narrati nel testo ed il fatto che la libertà, reale o apparente, che noi percepiamo adesso in questo nostro tempo non ci è piovuta dal cielo ma è il frutto di lotte reali, di drammi e conquiste di persone che hanno dovuto scendere in campo in prima persona per ottenerle. E questo era impossibile da trasmettere, a mio avviso, senza infrangere quel patto di continuità stilistica di cui parlavo prima. Era importante che si vedessero i loro volti, si percepissero i loro sforzi, così come era importante associare agli sguardi delle donne speranzose nel futuro quelli di donne ed uomini che quelle libertà, che adesso sono loro negate o molto limitate, una volta le possedevano e le consideravano come un bene scontato e necessario, esattamente come capita a noi adesso. Come ben sai, è sempre bene ricordarsi che i diritti civili non sono mai apparsi per miracolo e non andrebbero mai dati per scontati, purtroppo. Mantenere questo “sentimento” nell’ambito della virtualità poteva essere percepito come uno degli elementi di rappresentazione simbolica, e sarebbe stato un peccato.

 

Qual è il percorso che hai intrapreso e seguito per giungere a conseguire queste tue ottime competenze che ti rendono un maestro di video così efficace?

Personalmente rifuggo sempre dalle etichette ampollose, sono e mi definisco semplicemente un tecnico che ha deciso di mettere a disposizione degli altri le proprie competenze in un'ottica di condivisione delle conoscenze, attività che svolgo, oltre che nella vita reale, anche negli ambienti virtuali dai tempi di Vulcano e di Pyramid Cafè TV in Second Life. Ho iniziato ad utilizzare i computer nel 1983 e da allora non ho mai smesso, ho seguito diversi corsi sia a distanza sia in presenza, tra cui anche un mini corso di regia cinematografica applicata ai mondi virtuali, tenuto da una professionista in Second Life qualche anno fa. Ho trasmesso in streaming e ripreso svariate ore di eventi realizzati su diverse piattaforme, cercando sempre di migliorarne il risultato in termini di fruibilità e percezione. Penso che l’aspetto più importante sia, come sempre, dedicare molto tempo alla pratica e a trovare il proprio sguardo sul mondo ed il modo per esprimerlo al meglio delle proprie possibilità. Gli strumenti e le tecniche a nostra disposizione sono veramente molte, ognuno deve trovare quell’insieme che gli consente di sentirsi a proprio agio, senza fossilizzarsi su di uno schema operativo e rappresentativo fisso ed immutabile.

Edu3D in Craft - riflessioni sulla didattica nella realtà virtuale

Ho lasciato per ultima la domanda che in genere pongo per prima. Qual è lo scarto che c’è tra Sergej Zarf e Mario Fontanella?

Ho “dato vita” a Sergej Zarf nel 2007 in Second Life e da allora ho utilizzato sempre questa identità in tutte le realtà di gioco MMORPG e di sperimentazione in realtà virtuale che ho frequentato durante questi anni. Nonostante questa continuità, ho anche vissuto Sergej come mezzo per mettermi in gioco ed affrontare situazioni e dinamiche relazionali in cui Mario solitamente non si trovava (o tuttora non si trova) a suo agio normalmente; ovviamente non mi riferisco a niente di illegale o scabroso, molto semplicemente mi reputo un “timido estroverso” che per mettersi in realtà comunicative dense di altre presenze umane deve forzarsi a farlo; un’altra caratteristica di Mario è possedere una scarsa vena imprenditoriale ed essere poco intraprendente verso territori dove non pensa di essere all’altezza. In questo Sergej è tuttora molto efficace nel permettermi di scoprire lati di me che difficilmente potrei cogliere nella quotidianità del reale. Al contrario di quelle sociali, le attitudini etiche e politiche di Mario e di Sergej sono le medesime. Ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato.

Grazie a te, Sergej/Mario. Collaborare con te è stato per me, come sono certa per tutto il gruppo di 2Lei in Craft World, è stata un’esperienza importante, per le tue competenze e anche per la disponibilità al dialogo e alla collaborazione.


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